Descrizione
Ebbe breve esistenza, poiché venne abolito da una Bolla di Papa Innocenzo X. Nel 1769, il parroco don Giuseppe Cotronea chiese e ottenne dalla Curia Vescovile di Mileto di unirlo alla chiesa parrocchiale che già allora era intitolata a San Michele Arcangelo.
Il convento, ormai deserto da tempo, andò in rovina fino a quando si decise di adibirlo a cimitero unico per i tre paesi limitrofi: Dinami, Melicuccà e Monsoreto.
Alla fine del ‘700, dopo un periodo di abbandono, la chiesa venne ristrutturata riacquistando splendore come testimoniano i pellegrinaggi che ripresero numerosi, grazie al Sac. Giuseppe Scidà.
Nel 956 Mons. Vincenzo De Chiara, Vescovo della Diocesi di Mileto, elevò la chiesa a Santuario, ma subì inevitabilmente un altro periodo di abbandono in cui la chiesa ospitava i riti sacri solamente nelle ricorrenze della seconda domenica di luglio.
La vera rinascita del Santuario avviene in tempi più recenti, quando Don Agostino Zangari nel 1983 decide di trasferire la Statua della Madonna dalla Parrocchia di San Michele Arcangelo al Santuario alla stessa dedicato, dove sarebbe rimasto stabilmente fino ai nostri tempi e riuscendo a rendere il Santuario della Madonna della Catena un luogo di culto vitale e accoglienza, grazie alla presenza dell’effige della Beata Vergine.
Il popolo di Dinami, o chiunque La guardi, rimane sempre affascinato dalla bellezza, dalla magnificenza e dall’imponenza di questa statua. E’ stata sempre vista come grande e miracolosa: Colei che libera, Colei che è in grado di chiamare a sé migliaia di pellegrini provenienti da zone anche molto distanti da Dinami, Colei che è in grado di ravvivare e di far esternare quella fede che a volte in tanti rimane latente. Tanti sono i racconti dei pellegrini e dei fedeli, che per quei giorni di festa si recano a Dinami anche a piedi da paesi lontani, come voto alla Madonna. Un altro voto che viene fatto alla Madonna e sicuramente quello colpisce molto, è la partecipazione degli Spinati: un grande numero di fedeli, che sia per penitenza, per grazia chiesta o ricevuta, indossano un manto di spine e percorrono tutte le processioni.
L’opinione della maggior parte degli storici, lega il culto della Madonna della Catena all’orrenda e terribile tratta degli schiavi, che colpiva soprattutto i bambini, venduti e resi schiavi in un contesto sociale drammatico di povertà e ignoranza.
E’ qui che trova spazio la ricerca di protezione proprio nella Vergine, invocata come Colei che Spezza le Catene agli oppressi.
La preghiera in latino Solve Vincla Reis (– Sciogli le Catene agli oppressi) rivolta a Maria e incisa sul frontespizio del Santuario, sembra riflettere esattamente la condizione di schiavitù cui veniva sottoposto fino al tardo medioevo un grandissimo numero di uomini e donne.
Sebbene si è parlato e si è scritto sui miracoli della Sicilia, forse solo gli abitanti del posto conoscono il miracolo avvenuto a Dinami, il quale riguarda le incursioni saracene che interessano Mileto e la Valle del Marepotamo nel IX secolo.
Nella tradizione dinamese si tramanda che i Saraceni conquistarono Soreto un Giovedì Santo, per poi attraversare il Marepotamo e conquistare il territorio che si trova a sinistra del fiume fino a risalire a Dinami, che allora si chiamava Torno. L’intera popolazione, avvistati i predatori, si inginocchiò e con le mani alzate al cielo si mise a invocare la Vergine Maria. I Saraceni li depredarono di tutti i loro beni e legarono in catene i più giovani per venderli come schiavi a Tropea. Nella strada di ritorno, la truppa con gli schiavi e il bottino, dovette fermarsi lungo il sentiero che dal Casale del Torno (Dinami) incrociava quello che giungeva dal Casalello o San Nicola (piccolo villaggio nei pressi di Melicuccà) per l’improvviso sopraggiungere di un’innaturale oscurità. Nel mezzo delle temebre comparve una scia luminosa con la Vergine Maria e in braccio il Bambino Gesù. Senza mai toccare terra, avanzando decisa, Maria si avvicinò al gruppo dei giovani in catene sfiorando il primo di loro, ovvero “u schiavaredu”, che è il bambino che nel nostro trittico statuario è rappresentato in ginocchio ai piedi della Vergine. Il ragazzo appena si mosse per seguire la Signora che proseguiva trionfante, fu investito dalla Sua Luce e con strepito le sue catene e quelle dell’intero gruppo che era a lui legato, si spezzarono fra l’incredulità di tutti. I Saraceni, sbalorditi da tale miracolo, iniziarono a correre lungo il sentiero che costeggiava il fiume, lasciandosi alle spalle per sempre il Casale.